venerdì 18 ottobre 2013

Dalla cantina alla cucina



Premetto che non sono un'intenditrice di vini, ma devo ammettere che per me il lambrusco è il vino più buono del mondo! 
Sarà perché a tavola, da quando iniziano i miei ricordi, una bottiglia di lambrusco non mancava mai.
Ma non è solo il ricordo...a piacermi è proprio lui, con il suo aroma fruttato, inconfondibile e ingiustamente sottovalutato, il suo colore rosso intenso, la sua "corposità". 
C'era una storia, che mio padre amava raccontare.
Da bambino era molto schizzinoso, e non voleva mai bere nel bicchiere in cui aveva bevuto qualcun'altro. 
In casa lo prendevano in giro per questo, soprattutto perché i tempi erano quelli che erano, e ai bambini non si concedevano capricci!
I miei nonni aveva una vigna, in una località chiamata "Lago", a pochi chilometri da dove abitavano.
A quei tempi un goccio di vino non si negava a nessuno, nemmeno ai bambini, e tutti sapevano che mio padre adorava il vino di Lago.
Ma i suoi fratelli, classico come da "manuale del bravo fratello", per fargli un dispetto, gliene versavano un dito in un bicchiere già usato.
Ecco, per quello faceva un'eccezione, e se lo gustava senza problemi!
Da come lo descriveva, ancora mi sogno di poter assaggiare quel lambrusco!

Oggi nessuno credo, darebbe vino ai bambini, soprattutto da quando si è scoperto che nei ragazzi sotto i sedici anni, l'attività dell'enzima che permette la metabolizzazione dell'alcool non è efficiente come in un adulto.
Ma vi assicuro, nessuno tra mio padre e i suoi dodici (sì, dodici!) fratelli e sorelle è mai diventato un alcolista, e anzi, hanno avuto tutti una lunga vita, l'ultimo ha 90 anni ed è in piena forma; per non parlare di mio nonno, che se ne è andato ultra-novantenne!
Verrebbe da pensare che il vino fa bene ai bambini, ma no, non è così!!!

Dei vari tipi di lambrusco, quello che preferisco è il Lambrusco di Castelvetro.
Che è il vitigno che coltiva mio cognato, e a questo mia sorella ha dedicato un post nel suo blog.
Adoro il momento in cui mi chiamano: siamo pronti, vieni con il tegame! 
Si apre il rubinetto e il tegame si riempie di mosto appena pigiato, fresco e profumato.
Vi sfido a resistere e a non berne un sorso subito!!


Il mosto cotto (o Saba)


2 litri di mosto di lambrusco non ancora fermentato

una stecca di cannella

3 chiodi di garofano

Versare il mosto in un tegame capiente e aggiungere le spezie.
Fare bollire a fuoco molto basso dalle 8 alle 12 ore, mescolando ogni tanto, fino a che il mosto si sara' ridotto a 1/3 del peso iniziale.

Solitamente poi procedo come per le marmellate, invasando appena tolto il tegame dal fuoco, chiudendo ermeticamente e capovolgendo.
Una volta aperto lo conservo in frigorifero.


Una curiosità: in alcuni libri di cucina modenese ed emiliana* ho trovato scritto che in passato venivano aggiunte, durante la cottura, una manciata di noci col guscio, che battendo contro il fondo e le pareti della pentola evitavano che lo sciroppo si attaccasse. A me non si è mai attaccato, anche senza noci, a patto che il fuoco sia davvero lieve.

La saba, che è una preparazione tipica anche di altre regioni, viene utilizzata qui per accompagnare i dolci tipici come i tortelli dolci fritti, gli sguazarot di castagne, il Pane di Natale, per preparare il "Savor", ma anche in abbinamento a formaggi stagionati, o come condimento per legumi e bolliti, ed è uno degli ingredienti dell'aceto balsamico tradizionale.
Un tempo, quando l'aria era pulita, i bambini la mescolavano alla neve e si gustavano un ottimo gelato!


I "Sughi"



1 litro di mosto di Lambrusco appena spremuto

100 grammi di farina 

50 grammi di zucchero semolato

Unire farina e zucchero in un recipiente, preferibilmente di coccio, e aggiunge poco mosto, mescolando bene a facendo attenzione a non lasciare grumi di farina. 
Versare tutto il mosto, e cuocere fino a che avrà raggiunto la consistenza di una crema.
Versare in coppette individuali, o in un unica ciotola. 
Li ho cosparsi di noci tritate perché trovo che i due gusti si abbinino bene.
I sughi si conservano in frigorifero, coprendo il contenitore con pellicola per alimenti, per circa una settimana.


Le ciambelle al mosto


Solitamente preparo queste, con un altro tipo di lievito, ma vengono più croccanti, e a dire il vero a me piacciono di più.
Ma mio marito mi aveva chiesto di provarne una versione più morbida, e questo è il risultato. 
Si possono congelare e torneranno più o meno fresche come prima.


500 grammi di farina

100 grammi di zucchero semolato (più altro per la superficie)

1 uovo intero

5 cucchiai di olio extravergine di oliva

250 grammi circa di mosto a temperatura ambiente

15 grammi di lievito di birra fresco

un pizzico di sale

50 grammi di uva passa

2 cucchiai colmi di semi di anice

noci tritate

Scogliere il lievito in poco mosto.
Incorporare tutti gli ingredienti e impastare a lungo, fino ad ottenere un impasto liscio.
Formare una palla e lasciare lievitare all'interno di una ciotola capiente, coperto con un piatto, fino al raddoppio.
Sgonfiare un poco il panetto, prelevarne dei pezzi e formare le ciambelline. Passare la superficie nello zucchero semolato, adagiarle su una teglia da forno, coperta da carta forno, e cuocere a 180 gradi centigradi fino a quando avranno assunto una bella colorazione dorata.



*"La vera cucina emiliana" di Paolo Petroni e "Cucina modenese" di Sandro Bellei


4 commenti:

  1. Oggigiorno siamo diventati tutti un pò troppo delicati. Una volta si apprezzavano di più le cose semplici e sotto certi punti di vista si viveva anche meglio.
    E' bello avere la vigna e sopratutto condividere certi momenti con la famiglia. E vedo che l'uva che coltia tuo cognato ha preso diverse forme si così si può dire. Assaggerei volentieri ogni meraviglia che vedo nelletue foto!

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    1. Verissimo cara Any! ...e io ti offrirei volentieri un pezzetto di ogni cosa :D

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  2. Ah Dany che meraviglia leggere i racconti di papá... Meno male che ci sei !! <3

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    1. Ehh (sospirone...) peccato che non le possiamo più sentire dalla sua voce :(

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